Saimir, adolescente, vive col padre ad Ostia. Sono immigrati irregolari albanesi e sbarcano il lunario come possono, trafficando con l’immigrazione clandestina
Mentre il padre ha trovato una donna con cui dividere la sua vita, Saimir è in quella fase della vita in cui l’inquietudine e i bisogni assillanti lo spingono a sperimentare esperienze di varia natura, trovandosi fondamentalmente solo anche per via della sua condizione di emigrato. Il conflitto col padre esploderà quando dovrà trasportare una giovane ragazza destinata alla prostituzione.
Bello questo film di Francesco Munzi che affronta un dramma sociale, familiare e personale in modo asciutto, rarefatto, con pochi dialoghi che rispecchiano la condizione di isolamento dei protagonisti.
Sotto il tema principale dell’emarginazione dovuta all’età e alla condizione di migrante, se ne sviluppa un altro altrettanto potente: la mancanza della madre. Il protagonista riesce a trasformare la rabbia di questa mancanza, da qualcosa di distruttivo in qualcosa di utile per gli altri e in fondo per se stesso, anche a costo di rompere il rapporto col padre. L’amore per la figura materna, pur rappresentata ormai solo da una foto, lo spinge pur nell’avversità estrema delle sue condizioni, a compiere quelle scelte sane che lo svincolano da un destino altrimenti segnato.