Olivier Assayas ricostruisce un periodo nevralgico della storia, e della sua in particolare. Sono gli anni dell’impegno politico, dei grandi ideali e dei grandi sogni. Ed è proprio con queste grandi aspettative che ognuno dei protagonisti finisce per fare i conti. Se allontanarsi dalla lotta politica sembra un’opzione non percorribile, per rimanere nel gruppo di appartenenza, la stessa continuità di partecipazione ai movimenti politici viene continuamente messa in discussione dalle capacità personali. Non tutti riescono a trovare una propria posizione, che rispecchi l’impegno politico e le aspirazioni personali; allora l’alternativa alla radicalizzazione della lotta diventa l’allontanamento, trovare un posto di “secondo piano” nella vita che magari rappresenta proprio quello per cui si è combattuto contro. È questa, fondamentalmente, la grande sconfitta che hanno vissuto molti di quella generazione e Assayas indugia proprio si questi, piuttosto che sull’apparente, e probabilmente breve, riuscita di chi era riuscito a coniugare impegno politico e posizione nel sociale. Poi c’è l’altra opzione, quella dello stesso regista, che ha raccontato la sua di gioventù. Lasciare la politica per dedicarsi alla propria passione, magari accettando dei compromessi e mantenendo un piccolo spazio per aspirazioni personali di livello più elevato. C’è anche da dire, per concludere, che il tuto trova terreno fertile nella ricca borghesia, che consente a tutti i giovani in causa, di fare delle scelte, politiche e non, perlopiù precluse al resto delle persone. E forse il problema era proprio questo.
Après mai di Olivier Assayas
Nella Parigi dei primi anni ’70 un gruppo di ragazzi del liceo artistico è parte attivo nei movimenti di lotta studenteschi. Tra loro, Gilles, è combattuto tra il desiderio di partecipare con i compagni e quello di percorrere altre vie, legate alla pittura e al cinema. Non riesce dunque ad emergere, e prima Laure, e poi Christine lo lasciano per uomini più “impegnati” nel campo artistico e politico. Dopo varie esperienze decide, finalmente, che la sua strada è quella di fare del cinema.
Olivier Assayas ricostruisce un periodo nevralgico della storia, e della sua in particolare. Sono gli anni dell’impegno politico, dei grandi ideali e dei grandi sogni. Ed è proprio con queste grandi aspettative che ognuno dei protagonisti finisce per fare i conti. Se allontanarsi dalla lotta politica sembra un’opzione non percorribile, per rimanere nel gruppo di appartenenza, la stessa continuità di partecipazione ai movimenti politici viene continuamente messa in discussione dalle capacità personali. Non tutti riescono a trovare una propria posizione, che rispecchi l’impegno politico e le aspirazioni personali; allora l’alternativa alla radicalizzazione della lotta diventa l’allontanamento, trovare un posto di “secondo piano” nella vita che magari rappresenta proprio quello per cui si è combattuto contro. È questa, fondamentalmente, la grande sconfitta che hanno vissuto molti di quella generazione e Assayas indugia proprio si questi, piuttosto che sull’apparente, e probabilmente breve, riuscita di chi era riuscito a coniugare impegno politico e posizione nel sociale. Poi c’è l’altra opzione, quella dello stesso regista, che ha raccontato la sua di gioventù. Lasciare la politica per dedicarsi alla propria passione, magari accettando dei compromessi e mantenendo un piccolo spazio per aspirazioni personali di livello più elevato. C’è anche da dire, per concludere, che il tuto trova terreno fertile nella ricca borghesia, che consente a tutti i giovani in causa, di fare delle scelte, politiche e non, perlopiù precluse al resto delle persone. E forse il problema era proprio questo.
Olivier Assayas ricostruisce un periodo nevralgico della storia, e della sua in particolare. Sono gli anni dell’impegno politico, dei grandi ideali e dei grandi sogni. Ed è proprio con queste grandi aspettative che ognuno dei protagonisti finisce per fare i conti. Se allontanarsi dalla lotta politica sembra un’opzione non percorribile, per rimanere nel gruppo di appartenenza, la stessa continuità di partecipazione ai movimenti politici viene continuamente messa in discussione dalle capacità personali. Non tutti riescono a trovare una propria posizione, che rispecchi l’impegno politico e le aspirazioni personali; allora l’alternativa alla radicalizzazione della lotta diventa l’allontanamento, trovare un posto di “secondo piano” nella vita che magari rappresenta proprio quello per cui si è combattuto contro. È questa, fondamentalmente, la grande sconfitta che hanno vissuto molti di quella generazione e Assayas indugia proprio si questi, piuttosto che sull’apparente, e probabilmente breve, riuscita di chi era riuscito a coniugare impegno politico e posizione nel sociale. Poi c’è l’altra opzione, quella dello stesso regista, che ha raccontato la sua di gioventù. Lasciare la politica per dedicarsi alla propria passione, magari accettando dei compromessi e mantenendo un piccolo spazio per aspirazioni personali di livello più elevato. C’è anche da dire, per concludere, che il tuto trova terreno fertile nella ricca borghesia, che consente a tutti i giovani in causa, di fare delle scelte, politiche e non, perlopiù precluse al resto delle persone. E forse il problema era proprio questo.