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La giovane Celestina emigra dal suo piccolo paese contadino a Roma, in cerca di un futuro migliore. Ma per i primi tempi deve fare i conti con la dura realtà dell’unico mestiere che le è possibile fare al momento, quello della “servetta”, presso famiglie agiate. Spera di trovare una via d’uscita nell’amore, ma proprio questo sarà causa dei suoi dolori, che le imporranno di affrontare la vita in modo diverso.
Il primo film di Antonio Pietrangeli è innanzitutto un film di importante valore storico. Vediamo Roma appena uscita dalla guerra, e in fase di ricostruzione, cominciano a emergere nelle periferie i primi palazzoni, che non hanno ancora molto in comune con le stradine del centro. Al ceto sociale elevato di lunga data, si affiancano i nuovi ricchi, perlopiù commercianti o professionisti che però mantengono modi e maniere inadeguati al nuovo status: il ceto medio ancora non è definito.
In questo panorama la storia di Celestina è esemplare del mondo in cambiamento: i giovani sognano qualcosa di più di quanto avuto sin ora e se le donne vedono nell’amore la possibilità di farsi una vita, gli uomini non risultano sempre altrettanto affidabili, soprattutto quelli che mirano alla scalata sociale. Nell’incontro tra due giovani con obiettivi che non coincidono si svolge il dramma della protagonista, pedinata, come vuole il neorealismo di cui il film ancora porta tracce, in tutto il suo peregrinare infruttuoso. Per la protagonista, si tratta di una vera esperienza di formazione, e tutto sommato anche per il protagonista, mostrato anch’egli al netto di facili moralismi.

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