Senada vive nella comunità rom di Poljica, in Bosnia, col compagno Nazif e due figlie. È in attesa del terzo figlio ma un improvviso forte dolore al ventre la porta a scoprire che il figlio in grembo è morto e che deve urgentemente operarsi per salvarsi la vita. L’operazione però ha un costo insostenibile per la famiglia, Nazif raccoglie e vende ferro, e nonostante le suppliche il medico dell’ospedale non la opera. L’ultima carta è la carta assicurativa di una loro parente che, a proprio rischio, potrà aprirgli le porte della sala operatoria.
Quello di Danis Tanovic è un film documentario di un fatto realmente accaduto, interpretato dagli stessi protagonisti e girato alla spicciolata con una reflex. Torna in mente l’auspicio di Zavattini, quando immaginava che la possibilità di raccontare storie per immagini divenisse alla portata di tutti e potesse essere un mezzo per raccontare le proprie storie traumatiche per poterle affrontare diversamente.
Tutto questo serve a Tanovic per trasmettere allo spettatore il dramma di chi vive nel disagio, e di farlo senza nessun artificio, perché il contatto con la tragedia a cui sia assistiamo sia più diretto possibile. I protagonisti del film e della storia reale, i mezzi usati per la riprese, tolgono qualsiasi filtro e ci mostrano gli eventi per quelli che sono, tali da renderli quasi incredibili.