Caterina, una giovane suora in procinto di prendere i voti perpetui, trova un neonato nel parco. Lo porta in ospedale e comincia a cercare informazioni sulla possibile madre. Arriva ad Ernesto, proprietario di una lavanderia, un uomo solo, ansioso e abbastanza chiuso nel suo disagio. Tra i due comincia a stabilirsi un’intesa e insieme riescono a risalire alla madre, proprio quando Ernesto comincia ad accarezzare l’idea di essere il padre del bambino.
Un film toccante questo di Giuseppe Piccioni che mi è piaciuto molto. La fotografia di Bigazzi e soprattutto la colonna sonora di Einaudi contribuiscono non poco a creare quell’atmosfera di profondità e di malinconia che descrive perfettamente la solitudine e l’inquietudine dei personaggi in questione.
L’effetto dirompente dell’arrivo di un bambino, come una chiamata che si affianca a quella che la religiosa riceve da Dio, apre nuovi scenari nelle loro vite e se la madre rifiuta questa possibilità, Ernesto e Caterina vincono le loro paure e decidono di lasciarsi coinvolgere fino ad arrivare a mettere in seria discussione i loro progetti precedenti. La delusione che subiranno, comunque permetterà loro di riconfigurare le proprie vite in modo più consapevole e sereno. Vivere l’esperienza fino in fondo attenua le rigidità che li ha condotti fino a quel punto rendendoli più saldi nelle loro convinzioni.