Ho visto questa commedia di Hal Ashby del 1979, davvero bella nella sua delicatezza, nella sua ironia e nei suoi significati profondi. Chance il Giardiniere (Peter Sellers), letteralmente nasce alla vita in età adulta, alla morte del suo vecchio padrone, presso il quale ha fatto il giardiniere per tutta la sua vita. Per il mondo non esiste, non ha documenti, non è mai uscito di casa, non sa leggere né scrivere. L’unica cosa che lo attrae magneticamente è la tv, che segue senza staccare gli occhi, imparandone a memoria i contenuti. Visto che la casa viene venduta è costretto ad uscire ed affrontare il mondo. Con i suoi occhi assolutamente puri, ottiene per caso e con grande rapidità un grande successo. La sua disarmante semplicità, il suo temperamento imperturbabile e di fondo la sua assoluta trasparenza interiore, rendono possibile a chiunque gli si avvicini proiettare su di lui qualsiasi fantasia. Come uno psicoterapeuta diviene oggetto delle visioni personali di chi incontra; le favorisce, col suo limitarsi a riformulare, appunto una tecnica dei professionisti della relazione di aiuto, le affermazioni degli altri, infondendo fiducia e senso di comprensione. E quando esprime una opinione, lo fa con concetti semplici e chiari, che si rifanno al giardinaggio, l’unica cosa che conosce. Agli occhi degli altri è praticamente qualsiasi cosa, a seconda dell’ambiente in cui si trova. Così, se per la vecchia governante nera dove prestava servizio è solo uno stupido ritardato, per gli uomini di stato, è un genio della politica, nel mondo degli affari è un grande uomo di business, e per le sicurezze internazionali è certamente un agente segreto in incognito.
Chance è, come in chiusura di film un attore recita leggendo un necrologio, “uno stato della mente”. Una possibilità, come dice il suo nome, Chance. La piena integrazione con la propria natura, rende possibile vivere al massimo delle proprie possibilità, e diviene una preziosa risorsa trasformativa e di guarigione, per chi sta intorno.