Un’anziana coppia di genitori decide di fare un viaggio a Tokio per fare visita ai figli. L’età avanzata fa presagire loro che sia necessario salutarli prima che sia troppo tardi. Al termine del lungo viaggio in treno arrivano in casa di uno dei loro figli dove incontrano tutti gli altri radunati per l’occasione. Dopo un primo momento di calda accoglienza per tutti loro emerge la difficoltà di occuparsi dei genitori, presi dal lavoro e dalle tante occupazioni quotidiane e decidono di offrirgli una vacanza in una località termale. Durante il soggiorno i due anziani capiscono le difficoltà e decidono di rientrare anticipatamente.
Grande film del maestro giapponese Ozu che con una narrazione apparentemente dimessa riesce a tessere una tele che contiene i grandi temi della vita. L’incomunicabilità tra le generazioni, giustificata anche da antichi e mai risolti dissapori, è anche la differenza dei costumi che cambiano e che rendono quasi inconciliabile il dialogo. Soprattutto è la visione della vita che alimenta questa distanza: per gli anziani ogni cosa è relazionata ad una vita che ha ormai orizzonti limitati mentre per i giovani l’orizzonte è ancora un territorio aperto. Se ognuno ha le sue valide motivazioni il senso di malinconia che pervade il film testimonia da che parte si trovi lo stesso Ozu. Capace di raccontare le piccole declinazioni dell’essere umano mantenendosi fedele ad una narrazione asciutta, Ozu sceglie, come suo marchio di fabbrica, di tenere la macchina da presa ferma e collocata ad altezza di terra, proprio per dare maggiore risalto agli impercettibili movimenti dell’anima dei suoi protagonisti