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come rispondere alla coscienzaIn un villaggio arroccato della Cappadocia turca si consuma un lungo confronto tra esseri umani. Un episodio dà il via a tutto: il piccolo figlio di Ismail, tira una sassata alla macchina di Aydin rompendone il vetro: vuole vendicare l’umiliazione subita dal padre al quale sono stati pignorati frigorifero e televisione, per non aver pagato l’affitto proprio ad Aydin, la cui famiglia da generazioni affitta loro quella casa.
Questo vetro che si rompe segna l’inizio di un interminabile dialogo tra Aydin, ex attore di teatro, benestante proprietario terriero e di hotel, sua moglie Nihal e sua sorella Nacia. Uno squarcio nell’immobilità delle loro vote che diviene uno scontro e poi un allontanamento. Fino all’epilogo che vede Ismail rifiutare una sconsiderata somma di denaro da Nihal, che aveva scelto questo gesto di carità per tentare di porre rimedio ad una vita che sente di condurre senza un senso compiuto. Tutto si svolge tra le mura di questo hotel che gestiscono, in un ambientazione ferma nel tempo come è la Cappadocia e come sono i protagonisti.
Quella di Nuri Bilge Ceylan (vincitore dell’ultimo Cannes) è una complessa indagine sulla necessita dell’uomo di dare risposte alla propria coscienza. Descrive come queste risposte vengano cercate di volta in volta nella morale, nell’etica, nella religione e altre ancora con nel senso comune. Sono tutti tentativi per approssimazione e hanno sempre bisogno di una conferma nell’altro. La necessità di convivere nella comunità e sentirsi nel giusto porta ad aderire a moralità o etiche condivise, che siano quelle religiose, quelle della tradizione della cultura intellettuale e artistica come accade quando nel finale viene citato Shakespeare secondo il quale “le nostre braccia sono la nostra coscienza e le spade la nostra giustizia.”
Solo quando finalmente attraverso il contatto profondo con se stessi si è in grado di rispondere con la propria morale e la propria etica alle domande che la nostra coscienza ci pone, è possibile mettere da parte luoghi comuni e rappresentazioni per rispondere adeguatamente.
A bene vedere il film è un monologo, con le tante voci della propria coscienza che vengono impersonate dai personaggi che simbolicamente rappresentano le istanze con il quale l’uomo si confronta. La famiglia, la relazione, l’amore, l’amicizia, il tessuto sociale. Quando al pensiero riesce a seguire l’azione, come mostra Ismail nel finale bruciando il denaro che Nihal  gli offre e lo stesso Aydin che uccide un coniglio durante una battuta di caccia, quella è la guida che muove la risposta ai dubbi; che ci dice che stiamo ascoltando la nostra morale interna, e che al netto del giudizio permette di rispondere alle necessita che la coscienza ci presenta.